La Storia
Ve lo ricordate l’incontro tra Dudley Sutton e Colin Campbell davanti all’Ace Café, in quel film, unico per la sua epoca, che fu The leather boys del 1964?
Una scena e c’è già tutto.
Il locale giusto, le moto.
Una scommessa sancita da una stretta di mano.
Ma non basta, qualcos’altro definisce questa scena, questo momento. È la giacca che Sutton indossa. La giacca di pelle con, sulla schiena, il suo nome e la patch del gruppo di appartenenza.
Ecco cosa ci dice fino in fondo chi è il ragazzo biondino che abbiamo davanti.
Un look unico e riconoscibile distingue gli appartenenti al mondo Custom. Non per niente, la personalizzazione dell’abbigliamento e quella della moto sono nate insieme. Non una subordinata all’altra, ma come due facce della stessa medaglia. Fin dai gruppi Ton-Up. Ve li ricordate? Quando la seconda guerra mondiale era da poco terminata e il sogno di tutti era sfoderare la propria moto e viaggiare, mantenendo quella giacca piena di patch che certificavano il tuo essere reduce dal conflitto. Ragazzi di venti, trent’anni che per vincere quelle gare tra amici, la sera fuori da un locale modificavano i componenti della loro due ruote per diminuirne il CX. Fin dalle origini, questi ragazzi hanno scelto attentamente il proprio abbigliamento. Io sono questo, e tu devi riconoscermi anche quando scendo dalla moto. Ecco cosa volevano dire.
Ed ecco perché, intorno a stile e abbigliamento, si sono costruite vere e proprie sottoculture. Quella dei rockers, per cominciare, poi quella dei mods, che con addosso abiti eleganti correvano alla guida delle loro vespe o lambrette modificate. Nel 1964 la tensione tra i due gruppi crebbe fino a esplodere in un conflitto. Vi furono scontri a Clacton, Margate, Broadstairs. A Brighton le risse durarono due giorni e raggiunsero persino Hastings, dando vita alla “Seconda battaglia di Hastings”.
Anche senza le moto, rockers e mods si distinguevano a colpo d’occhio.
I loro vestiti erano la loro armatura, come le moto sono insieme armi e cavalli.
Cos’è cambiato da allora? Non molto, in realtà, come accade a ciò che non è moda ma è passione, è vita. Di certo non è cambiato il desiderio di distinguersi, di rimanere coerenti con i propri ideali, perché il custom è prima di tutto un’attitudine.
Quando si comincia a osservare la storia del custom, è subito chiara una cosa: chiunque ne abbia fatto parte aveva una personalità unica e si batteva per difenderla.
Ciascuno ha la propria storia da raccontare.
Può farlo attraverso una moto o un altro tipo di due ruote. Può farlo attraverso una giacca, una camicia a quadri, un paio di guanti.
Possiamo farlo in tanti modi diversi, una cosa rimarrà uguale. Al di là di tutte le ideologie, ciò che alla fine conta davvero è il tempo che dedichiamo, giorno dopo giorno, a costruire la nostra idea di libertà, lavorando con passione all’interno del nostro HIDDEN GARAGE.